La Letteratura Fantastica [2/5]

 


La Letteratura Fantastica - L'Horror

Un'analisi del macro-genere scritta dall'utente di LdM Rubrus


Se qualcuno vorrà ancora seguire la nostra chiacchierata, stavo parlando (da utente della narrativa, per carità, solo da utente della narrativa) dei tre generi in cui per comodità divido la letteratura fantastica. Tre aree che si sovrappongono e s’intersecano, tre indicazioni di massima, più che cartelli a senso unico. Se volete, tracce di sentieri nella foresta della fantasia.
Dato che da qualche parte si deve cominciare, inizierei dall’horror che, se devo fare il gioco della torre, è il mio preferito.
Definisco racconto dell’orrore o del terrore quello che mira a spaventare il lettore usando elementi narrativi fantastici.

La Radcliffe distingueva i racconti horror in due categorie: quelli che annichiliscono il lettore (e li chiamava racconti dell’orrore) e quelli nei quali fa capolino il meraviglioso (che chiamava racconti del terrore); spaventoso sì, ma pur sempre mix di wonder and terror (come diceva Leiber) o cosmic horror (come si esprimeva Lovecraft).

Anche se io userò i termini indifferentemente, questa distinzione, secondo me, è valida – anche se con tutti i se e i ma che si devono usare quando si maneggiano queste categorie.

Un racconto come "Il gatto nero" fa venire i brividi al lettore (a quasi duecento anni di distanza, ci riesce benissimo) e lì si ferma (anzi, in teoria l’opzione soprannaturale neppure sarebbe necessaria; l’io narrante ci dà una spiegazione razionale, per quanto bizzarra… ma nessuno gli crede, no?).

Un racconto come "La maschera di Innsmouth", di Lovecraft, con le sue agghiaccianti descrizioni di mostruosità e mutazioni, si chiude con una frase che, in sé, racchiude l’essenza stessa del desiderio dell’Oltre, succeda quel che succeda.

Già, ma perché uno scrive e legge di questa roba? Anzi, visto che stiamo facendo quattro chiacchiere, perché voi scrivete e leggete di questa roba?
Vi dirò come la penso: parafrasando John Keating, il prof. de "L’attimo fuggente" (lui parlava di poesia, a dire il vero) noi non scriviamo e leggiamo racconti (anche racconti dell’orrore, sì) perché è carino. Noi scriviamo e leggiamo racconti horror perché siamo cibo per i vermi.

Si discute da sempre se la rappresentazione di una realtà (e non solo narrativa) abbia funzione catartica o mimetica. In parole povere: uno che esce da un cinema dopo aver visto l’ultima prodezza di Rambo VII (uscirà, uscirà…) prova disgusto per la guerra oppure segretamente spera di poter prendere a mazzate il primo disgraziato che gli graffia il paraurti?

La domanda non avrà mai risposta, per fortuna, né, meno che mai, una risposta univoca per tutti e valevole in tutte circostanze.
La spiegazione che mi sono dato io e che, secondo me, ha una passabile percentuale di veridicità, è che ogni buon racconto horror (e forse non solo) è una forma di esorcismo. Il buon racconto horror ci mette di fronte ai nostri demoni e ci dice "e adesso cosa fai?".

Il demone ultimo – be', che sarà l’ultimo ad essere sconfitto lo dice anche qualcun altro – è la Signora con la Falce e, in definitiva, si tratta di uno dei due, soli, veri, grandi temi della narrativa (l’altro è l’amore, per capirci).

Restringendo la visuale e/o abbassandola a un livello commerciale è facile notare come esistano decine di racconti dell’orrore per ogni forma di fobia. Abbiamo racconti, film e romanzi che parlano d’insetti, cani, ascensori, automobili, vicini di casa, specchi, uccelli, insegnanti, ecc. (si potrebbe continuare per ore).
Non solo. In tantissimi racconti horror, soprattutto in quelli più risalenti, è presente il tema della Punizione.

Tanto per limitarmi a due esempi: quanti coniugi traditi tornano dalla tomba per vendicarsi del fedifrago, quante maledizioni colpiscono gli incauti ladri? E andate pure dai vostri vecchi (spero possiate farlo) e fatevi raccontare le favole che venivano narrate ancora solo agli inizi del secolo scorso. Lo schema, magari sotterraneo, è spesso rappresentato dal binomio: trasgressione (anche minima) e punizione. Se oggi sentiste qualcuno raccontare simili storie probabilmente chiamereste non solo il Telefono Azzurro, ma anche lo psicologo e i carabinieri.

Oggi simili racconti sono più rari, segno del mutare – senza dubbio alcuno – delle tecniche educative. A mio parere, però, ciò è anche il sintomo di una diversa percezione del Male (o del male) o, se volete leggerla in un’accezione religiosa, del Peccato, da parte della nostra società. Come si sa, infatti, la più grande astuzia del diavolo ecc…
Lo schema però spesso rimane, magari adattato ai tempi, mascherato, raffinato, ma rimane. Oltre ad una funzione "educativa" (nel senso spiegato sopra) lo schema colpa – punizione è anche assolutorio.

Ad essere punito in modi raccapriccianti è il cattivo e, detto tra noi, non se la meritava, forse, una simile fine con tanti saluti ai diritti umani? Insomma, lui è il Cattivo e noi, automaticamente e necessariamente, i Buoni. Nelle arene delle antichità venivano sbranati e sgozzati i condannati, noi oggi lo facciamo in effige, ma penso che il meccanismo psicologico sia ancora lo stesso.

Il racconto dell’orrore o del terrore però è un esorcismo, secondo me, in un senso più profondo e più ampio, che va ben oltre la funzione morale o assolutoria di cui ho detto sopra.

A un livello appena più profondo si scorge che, ad infliggere sofferenze è un mostro… noi… oh, noi non lo faremo mai, non è vero? Anzi, noi non saremo neppure capaci di pensarlo, meno che mai di scriverlo. Qualcun altro lo ha fatto al posto nostro, noi magari ci limitiamo a leggerlo, però è un peccato veniale. Del resto, per pensare e scrivere queste cose si deve essere un po’ matti e (ma diciamolo sottovoce) un po’ perversi. La diffidenza sociale verso chi legge horror, del resto, è superata solo dalla diffidenza verso chi scrive horror.

A un livello ancora più profondo, però, si può notare come simili angosce e nefandezze stiano lì, sulla carta (o sullo schermo del computer). Ci basta chiudere il libro per dominarle. Meglio ancora, ci basta andare all’ultima pagina per sapere come andrà a finire e rovinare così la suspence e il climax che tanta importanza hanno nel racconto del terrore. Insomma: possiamo dominare i mostri. Possiamo imprigionarli non dietro sigilli, incantesimi e grotte tenebrose nelle profondità della terra, ma dietro lettere e parole e, una volta rinchiusi lì dentro, possiamo sconfiggerli con un semplice gesto della mano.

A questo punto vorrei chiedervi una cosa. Sì, proprio a voi che state leggendo. Avete visto come siano pochi i romanzi horror nelle librerie?
Ciò, a mio giudizio, dipende da due fattori intrinseci e da due fattori estrinseci che, come al solito, interagiscono.

Comincio da quelli intrinseci.
Il racconto horror non tollera, secondo me, due cose: la serialità e l’eccesso di fantastico. Non tollera l’eccesso di fantastico perché scopo dell’horror è spaventare e, francamente, ci vuole del bello e del buono e, soprattutto, una bella dose d’immaginazione per aver timore di cose lontanissime dalla vita di tutti i giorni. Il Grande Cthulhu terrorizza le menti più sensibili (scrittori, poeti, musicisti, pittori), ma, per buona parte del racconto di Lovecraft, se ne sta rintanato nella morta R’lyeh, città da incubo dalle prospettive distorte sepolta al crocevia di più dimensioni. Se avesse passeggiato per New York avrebbe probabilmente incontrato King Kong o Godzilla ed avremmo avuto un racconto comico, o fantasy, o di fantascienza, non un racconto del terrore.

Il racconto horror, inoltre, non tollera la serialità perché ci si abitua a tutto. Questo è, per gli scrittori horror, un problema drammatico, ma non c’è tempo di analizzarlo. Mi limito a notare che il Conte Dracula appare all’inizio del romanzo, dove domina la scena, ma poi praticamente scompare, tranne in un’occasione o forse due (anche se abbiamo i brividi intuendo che cosa stia facendo nell’ombra che gli è madre)… mica se ne sta tutto il tempo sulla scena a palpeggiare fanciulle indecise se dargliela o no. Insomma: mettete un mostro in un libro e avrete forse un romanzo horror. Mettetene una dozzina e avrete la Casa delle Streghe al Luna Park. Non è la stessa cosa.

A questo punto vedrete come molti dei romanzi cosiddetti horror (a cominciare da quelli della sig.ra Meyer, ma, seppure migliori, potrei citare quelli della Hamilton) sovrabbondano in tutt’e due queste caratteristiche e quindi con l’horror vero e proprio hanno poco a che spartire.

Ci sono poi, secondo me, due cause estrinseche del declino del genere. Più precisamente, ragioni di marketing.
La prima è che la paura è spesso politicamente scorretta ed è come se gli editori fossero preoccupati di turbare la delicata psiche dei loro lettori con spauracchi immaginari (però legioni di serial killer se ne stanno acquattati nelle librerie… mah) oppure se temessero di essere accomunati a quella gentaglia poco raccomandabile che legge e scrive horror.
La seconda è che la narrativa moderna appare malata di gigantismo. Tomi e tomi di pagine e pagine che spesso ricordano i temini delle elementari (avete presente quando dovevate scrivere almeno quattro facciate protocollo e dopo due avevate finito il carburante?). La ragione è semplice: se un libro è "tanto" è anche giusto che costi tanto, no?

Salvo eccezioni, però, di solito lo scrittore horror non è un maratoneta, ma uno sprinter; al contrario di quello fantasy o di avventura, per esempio.
Dopo il boom degli anni ’80, insomma, secondo me il genere è in declino o in stasi. Non mi preoccupo più di tanto, comunque.

I mostri, si sa, non muoiono mai.


Prossimo appuntamento: La Letteratura Fantastica - La Fantascienza

Commenti

  1. Caro Rubrus apprezzo moltissimo il tuo lavoro e quello di tutta la redazione. Credimi faccio fatica a commentare non tanto perché non abbia qualcosa da dire, ma bensì vedo intorno a questo blog tanta indifferenza, vi risparmio quel che penso degli indifferenti ma credo che sia giusto dire che tale impegno (il vostro) meriti più rispetto e considerazione. Ok, ci siamo capiti e in merito al tuo dire , io dico che l'horror pensando al cinema è spettacolo e poi alla gente piace il mistero e poi la paura fa paura e si gode della paura perché in fondo è solo spettacolo, oppure finzione, oppure effetti speciali, insomma si gode della paura perché poi alla fine del film si anche ridere. Non so se sono entrato in linea con il tuo dire caro Rubrus è solo il mio pensiero e ti ringrazio. Firmato il Fest

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    1. Sostanzialmente sì: l'horror è una forma di gestione o sublimazione della paura. Approfondendo un istante un aspetto di quanto scrivevo, posso aggiungere che, come qualunque altro genere, l'horror, se davvero buono, non è mai rassicurante. Mi spiego: entri nel baraccone delle streghe e ne esci tranquillizzato perchè magari dentro strilli, ma poi fuori ne ridi. Tuttavia, le buone storie trasformano sempre un po' il lettore e, pertanto, lo arricchiscono. Con specifico riferimento al genere horror - ma ripeto, il discorso vale per qualunque genere letterario o cinematografico - molte opere contengono o spingono a una riflessione. Un esempio è la filmografia zombi di Romero. Certo, gli zombi possono spaventare perchè sono cannibali, sono morti (la parola chiave è "morti") ecc., ma al di là del loro essere spauracchi, i film sono una critica feroce al consumismo: per esempio mettono in scena orde di gente che cammina per i centri commerciali, ma è morta. Basta aggiungere "dentro" - cioè "morta dentro" - e non ci vuole neanche troppa fatica - e l'intera vicenda può essere letta a una luce completamente diversa. Del resto, tu stesso affermi lo stesso quando parli di "utenti zombi"; senza nessuna critica di tipo personale, stigmatizzi l'approccio consumistico al sito - o al blog - tale per cui entri, posti e ciao (al massimo un like ed è anche per questo che non li amo: impigriscono).

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    2. Ti ringrazio per la risposta con relativo approfondimento, ah! Come vorrei essere come te e come altri tanti, con questa capacità espressiva che un pò insegna e un pò impegna! Permettimi una parentesi cinefila forse fuori contesto. A me piace sempre dire che i film hanno sempre detto tutto del passato, del presente e del futuro. Vogliamo sapere che accadrà nel futuro? Vediamo un film e lo sapremo. Che c'entra adesso con l'horror? Magari poco ma solo per dire che un film può spiegare molte cose. Firmato il Fest

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  2. P.S. rimane sempre il fatto che gli zombie, per rimanere in tema che non interagiscono con questo blog e tutto il resto commettono un errore.

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  3. Secondo me nella mitologia e nelle storie classiche (nel senso proprio tecnico di classicità greco romana) c'è. se non tutto, quasi tutto. ma semplicemente perchè è da lì che veniamo. L'originalità è spesso sopravvalutata.

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  4. Ciao Rubrus, davvero un'interessante analisi la tua che offre molti spunti. Riguardo all'horror, ne ero un fruitore seriale dall'adolescenza ai quasi 30 anni poi mi sono interessato ad altro ma rimane sempre un genere che ha prodotto letture e visioni notevoli. il 90% dell'horror che conosco sono film e fumetti, ho letto davvero poco horror a parte quasi tutto Lovecraft. Mi piacerebbe leggere (averne il tempo) qualcosa di King. Considerato che lo conosci bene, cosa mi consigli a parte il solito IT? Grazie, ciao!

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  5. Mmmm... premesso che di HPL parlo nei commenti sotto la parte destinata alla fantascienza perchè Lovecraft è un po' all'incrocio tra i due generi letterari, parliamo di King.
    Una premessa: io credo che il miglior King sia quello fino al 1999 /2000; dopo il mestiere è rimasto, ma tematiche, argomenti ecc mi convincono mediamente un po' meno (in un paio di casi devo dirlo: proprio pochino).
    Se vuoi cominciare dagli esordi e se vuoi un libro breve, si può iniziare da “Carrie” che è il suo primo romanzo e che si svolge in un ambiente in cui King non è più tornato con tale dovizia di particolari: il liceo.
    Se non ti interessa seguire l'ordine cronologico, ecco secondo me alcuni titoli che vale la pena di leggere.
    “Le notti di 'Salem” - una storia di vampiri; mi dirai che l'argomento è logoro, ed effettivamente egli anni successivi è stato ipersfruttato (anche se non da King), ma a parere non solo mio è uno dei suoi migliori e in genere uno dei migliori romanzi di vampiri del XX secolo. Contiene in nuce tantissime tematiche che lo scrittore svilupperà negli anni successivi – e sì, dentro c'è anche un'idea che sarà fondamentale in “It”. L'autore stesso definisce il romanzo “Peyton Place con i vampiri”.
    “Shining”. Scorda Jack Nicholson e Kubrick. Il film è un capolavoro, ma è diverso dal romanzo e King non l'ha mai perdonato al regista. È il primo in cui l'autore affronta approfonditamente il tema della scrittura – e ovviamente anche altro.
    “A volte ritornano”. Se ti interessano le raccolte di racconti. Alcuni sono piccoli gioielli. L'autore dimostra che è necessariamente prolisso. Storie come “il babau” (a mio parre la quintessenza di molto King) sono davvero notevoli.
    “Pet sematary”. I film sono decorosi, ma nulla più (il secondo poi è piuttosto diverso dal libro); il libro è di molto, ma di molto superiore. Secondo King è l'unica vera storia dell'orrore che abbia scritto e in effetti il climax e la tensione sono crescenti e a volte insostenibili. Ispirato dal racconto breve “La zampa di scimmia” di WWJacobs, tratta anche molto altro. Con 'Salem è uno dei suoi libri che preferisco.
    “Misery”. Immagino che tu conosca il film con Kathy Bates, che ne è una trasposizione fedele, e quindi non dico altro.
    “Stagioni diverse”. Quattro novelle. Una è “Il corpo”, divenuta film col titolo di “Stand by me”: non è una storia horror, ma un “coming of age” struggente e malinconico. Il secondo è “Ragazzo dotato” (film anche lì, ma si fa prima a dire quelli da cui non ne hanno tratti). Il terzo è “Rita Hayworth e la redenzione di Shawshank” da cui “Le ali della libertà”; neanche quello è una storia horror, ma è piuttosto una storia di amicizia e di rapporti umani. Il quarto - “L'uomo che non voleva stringere la mano” ha tinte horror.
    “Il miglio verde”. Immagino sia impossibile leggerlo a puntate, come pubblicato. Probabilmente avrai visto il film con Tom Hanks, quindi non sto a spenderci troppe parole. La pellicola è fedele al romanzo, ma il libro non sfigura affatto; come sempre, si ha il tempo di assaporare le scene. Non è un horror, se non nella misura in cui le cose che gli uomini si fanno l'un l'altro possono essere spaventose.

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    1. Esauriente e preciso come mi aspettavo! Grazie Prof! Naturalmente i film tratti da King li ho visti penso tutti ma si sa che la trasposizione in altro media devia sempre dall'originale. Quindi mi sono segnato i tuoi preziosi consigli e penso che inizierò da Pet Sematary e Le Notti di Salem (la miniserie TV in 2 puntate del 1979 l'ho giusto rivista qualche mese fa...). Ciao!

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